
In materia di tassazione regime dei minimi ci sono stati importanti cambiamenti, novità che è meglio conoscere perché l’argomento interessa un numero alto di contribuenti italiani. In fondo in Italia la materia fiscale è da sempre oggetto di discussioni, polemiche e di continui provvedimenti, per tale ragione spesso intorno alle nuove regole si crea confusione. Infatti capita piuttosto frequentemente che alle disposizioni normative vengano date interpretazioni differenti per via della poca chiarezza delle circolari emanate. Per non commettere errori allora è preferibile informarsi e cercare tutte spiegazioni del caso. In questa guida ci occuperemo della tassazione regime dei minimi, per provare a capire esattamente di cosa si tratta e come funziona.
Numerosi lavoratori per mettersi in regola con l’attuale normativa italiana devono necessariamente aprire la partita IVA presso l’Agenzia delle Entrate, in quanto quando viene superato il tetto annuo di 5000 euro non è più possibile emettere la ritenuta di acconto. Allora ecco che bisogna fare richiesta di apertura di Partita IVA utilizzando i modelli messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate e disponibili anche sul sito della stessa Agenzia. Per accelerare i tempi per la richiesta di apertura della Partita IVA è possibile utilizzare il canale telematico, a patto che si posseggano le credenziali personali per accedere al servizio online.
TASSAZIONE REGIME DEI MINIMI: DI COSA SI TRATTA E COME FUNZIONA
Il regime fiscale dei contribuenti minimi è stato introdotto con il Governo Prodi al fine creare un sistema di partite IVA vantaggioso, un sistema agevolato esente da IVA e IRPEF. Naturalmente non tutti possono fruire del regime agevolato ma solo quei contribuenti che non superano il tetto massimo di 30mila euro di compensi o ricavi annui, che non abbiano dovuto affrontare costi per dipendenti o collaboratori né abbiano effettuato cessioni all’esportazione. Inoltre questi contribuenti non devono aver acquisito beni strumentali per un valore totale maggiore ai 15mila euro. Per calcolare il tetto massimo bisogna tenere conto dell’importo delle fatture dei beni strumentali comprensivo di IVA. Su quei beni strumentali di tipo promiscuo (es. acquisto auto) bisogna considerare il valore del bene al 50%. In parole semplici l’accesso al regime agevolato è permesso a coloro che rispondo ai requisiti per i regimi dei minimi.
Un regime ristretto dunque ai contribuenti che stimano per la propria attività ricavi o compensi non superiori ai 30mila euro annui. Ci sono naturalmente altre preclusioni all’accesso al regime dei minimi infatti, ad esempio, non possono accedervi i contribuenti impegnati in alcune attività come i sali e tabacchi, editoria, telefonia pubblica, agenzie viaggi, agriturismi. Restano fuori dalla possibilità di fruire del regime agevolato anche i contribuenti alle prese con due attività e i non residenti nel nostro Paese.
TASSAZIONE REGIME DEI MINIMI: COSA CAMBIA
Come specificato nella prima parte della guida spesso in Italia la materia fiscale è soggetta a importanti novità, allora vediamo insieme cosa cambia. Partiamo col dire che tutti coloro che pensano di essere in possesso dei requisiti per accedere al regime dei minimi lo devono indicare nella dichiarazione di inizio attività mediante il modello AA9 e barrando la specifica casella del quadro B, insieme all’iscrizione alla gestione separata dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS) e all’apertura della partita IVA.
Precedentemente per questo regime agevolato era prevista una tassazione pari al 5% alla luce di un incasso non superiore ai 30mila euro l’anno, mentre con il 2016 la tassazione dal 5% è passata al 15%. Un cambiamento per effetto della nuova riforma del 2016, novità a partire dal nome attuale: regime fiscale forfettario. Rimane la tassazione al 5% esclusivamente per chi abbia provveduto ad aprire la partita IVA con regimi dei minimi entro il 2016. Conseguentemente per tali contribuenti è ancora possibile fruire della tassazione del 5% per un massimo di 5 anni e fino al 35esimo anno di età anagrafica.
Per le partite IVA nuove, vale a dire quelle aperte dopo la riforma del 2016, sono previste esclusivamente 2 opzioni: partita IVA ordinaria e partita IVA a regime forfettario. I contribuenti per accedere al regime forfettario devono tener conto dei seguenti limiti di reddito:
-per imprese e artigiani professionisti: 30mila euro;
-per gli ambulanti di altri prodotti: 30mila euro;
-per gli ambulanti di bevande e generi alimentari: 40mila euro;
-per i commercianti, ristoratori e gli albergatori: 50mila euro.
Inoltre, oltre ai limiti reddituali, è possibile accedere al regime forfettario solo quando:
-i compensi ottenuti non siano superiori a una soglia massima che va dai 25mila ai 50mila euro in base all’attività svolta;
-le spese relative ai beni strumentali non vanno oltre i 20mila euro;
-i costi dei collaboratori o lavoratori dipendenti non devono superare il limite di 5mila euro (lordi).
Un altro requisito richiesto per accedere al regime forfettario è quello di non aver conseguito un reddito da lavoro dipendente, riferito all’anno precedente l’apertura della partita IVA, superiore ai 30mila euro.
A questo punto appare chiara la scelta della partita IVA ordinaria per chi non ha determinati requisiti. Con questa forma di partita IVA sono previsti studi di settore, IRPEF progressiva per scaglioni, la possibilità di assumere collaboratori e dipendenti e non ci sono limitazioni sui ricavi. In ogni caso è prevista la possibilità di passare alla partita IVA forfettaria in qualsiasi momento in cui dovessero cambiare i requisiti, dando comunicazione di tale volontà con la prima dichiarazione IVA. Ricordiamo che il lavoratore dipendente che, un giorno decidesse di aprire una propria attività, sarà obbligato ad optare per la partita IVA ordinaria.
A partire dal 2016 dunque esiste solo il regime forfettario in alternativa alla partita IVA di tipo ordinario. Per la verifica dei requisiti si prendono in considerazione i dati del precedente anno, di conseguenza per l’anno 2017 si terrà conto dei dati dell’anno 2016.
REGIME FORFETTARIO: NOVITA’
Una novità prevista per tale regime è il divieto di utilizzarlo per chi abbia operazioni in corso con l’estero. Un altro limite imposto per l’accesso al regime forfettario è riconducibile ai lavori dipendenti o assimilati, in questo caso infatti non bisogna aver superato nell’anno precedente la soglia dei 30mila euro. I contribuenti che possono accedere al regime forfettario non hanno l’obbligo dei registri fiscali e contabili, ma esclusivamente quello di conservare la documentazione emessa e ricevuta e l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi per pagare il 15%.
Inoltre, questi contribuenti sono esonerati dagli obblighi normativi legati all’IVA. Accedere al regime forfettario dunque significa usufruire di diversi vantaggi, il valido motivo per cui è assolutamente necessario stare attenti alla possibilità di accedervi.
RIFLESSIONI FINALI
La complessità della materia fiscale difficilmente permette una conoscenza totale degli aspetti contabili e normativi da parte di chi non lavora costantemente nel settore. Ragione per cui è preferibile affidarsi a un commercialista esperto e professionale in grado di fornire tutte le spiegazioni del caso. Un presupposto importante per avere la certezza di fare le cose in modo corretto e limitare i rischi di commettere qualche grave errore.
Fare tutto in autonomia, quando non si hanno le dovute competenze e alla luce della delicatezza della materia fiscale, è un vero e proprio azzardo. Meglio rivolgersi a un commercialista di fiducia, consigliato magari da qualche conoscente, oppure ricorrere direttamente all’Ordine dei Dottori Commercialisti della vostra zona. Vista la ragionevole opportunità di affidarsi a una persona competente ed esperta della materia fiscale, fare tutto da soli costituirebbe una vera pericolosa leggerezza.