
Regime degli Impatriati e Distacco: come applicare il regime agevolato? Quali sono i limiti legati al distacco di un lavoratore?
Il Regime degli Impatriati rappresenta una delle iniziative più significative per gli italiani che, dopo aver vissuto all’estero, valutano l’opzione di tornare in patria. Questo regime fiscale, concepito come un incentivo per il rientro dei cervelli, offre una serie di vantaggi fiscali, ma a condizione che il contribuente decida di stabilire nuovamente la propria residenza fiscale in Italia.
Ma quali sono esattamente questi vantaggi? Come deve comportarsi una persona fisica quando desidera applicare il Regime degli Impatriati in caso di Distacco dall’estero?
In questo articolo scopriremo:
- Il Decreto Internazionalizzazione e il Decreto Crescita
- I requisiti da rispettare per accedere al Regime degli Impatriati
- La durata dell’agevolazione e le modalità per usufruirne
- I limiti dell’applicazione del Regime degli Impatriati in caso di Distacco
Regime degli Impatriati e Distacco: cosa prevede la norma?
Il Regime degli Impatriati è stato introdotto con l’obiettivo di incentivare il ritorno in Italia di quei talenti e professionisti che, per vari motivi, avevano scelto di vivere e lavorare all’estero. Questa iniziativa mira a rendere l’Italia più attraente dal punto di vista fiscale, offrendo una detassazione su una parte significativa del reddito da assoggettare all’IRPEF.
Il quadro normativo che regola il Regime degli Impatriati anche in caso di Distacco all’estero del lavoratore è delineato dal D.lgs. 147/2015, noto come Decreto internazionalizzazione. Tuttavia, importanti modifiche sono state apportate con il D.L. 34/2019, ovvero il Decreto Crescita.
Ma quali sono i requisiti che permettono l’accesso al regime di vantaggio?
Requisiti soggettivi e oggettivi
Ai sensi del primo comma dell’art. 16 del d.lgs. 147/2015, la tassazione ridotta del reddito viene riconosciuta nei casi in cui:
- il lavoratore non sia stato residente fiscalmente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il rimpatrio,
- il lavoratore si impegni a risiedere fiscalmente in Italia per almeno due anni successivi al rimpatrio stesso,
- l’attività lavorativa venga prestata prevalentemente nel territorio italiano.
Se rispettati, questi requisiti permettono di beneficiare di agevolazioni fiscali su:
- I redditi da lavoro dipendente e assimilato,
- I redditi da lavoro autonomo,
- I redditi di impresa – con i limiti di cui alla Circolare 33/E/2020 dell’Agenzia delle Entrate.
Regime degli Impatriati e Distacco: quanto dura l’agevolazione?
Nel rispetto dei requisiti appena elencati su elencati, il regime agevolato permette di detassare una parte del reddito passivo Irpef. La medesima applicazione della norma può trovare spazio anche nei caso di Regime degli Impatriati con Distacco all’estero del lavoratore?
Iniziamo specificando che la durata del regime del rientro dei cervelli è quinquennale, con possibilità di estensione per ulteriori fino a 10 anni, concorrendo alla formazione del reddito imponibile solo il 50% del suo intero ammontare durante il secondo quinquennio, a condizione che vi sia:
“[…] almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo – nonché – […] nel caso in cui i lavoratori diventino proprietari di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei 12 mesi precedenti il trasferimento.”
Attenzione! In presenza di almeno tre figli minorenni e/o a carico, anche in affido preadottivo, per gli ulteriori cinque anni la percentuale del reddito soggetto a tassazione passa dal 50% al 10% del suo intero ammontare.
Regime degli Impatriati e Distacco: cosa vuol dire?
Nel rispetto dei suddetti requisiti, il Regime degli Impatriati può essere riconosciuto anche in caso di Distacco all’estero?
Il Decreto Internazionalizzazione non disciplina esplicitamente la posizione del soggetto distaccato all’estero che rientri in Italia, a differenza di quanto previsto dalla legge 238/2010 concernente il regime di favore per i c.d. “controesodati”, che escludeva espressamente dal beneficio ogni forma di distacco.
Al riguardo, la circolare n. 17/E del 2017 ha precisato i requisiti e le modalità di accesso al regime di favore chiarendo che
i soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati in distacco all’estero non possono fruire del beneficio di cui al citato articolo 16 in considerazione della situazione di continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia.
Cosa si intende per “situazione di continuità”?
Come specificato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 259/2022, a titolo esemplificativo e non esaustivo costituiscono indice di una situazione di continuità sostanziale:
- il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale
- il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione
- l’assenza del periodo di prova
- clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesima (ed eventuale quattordicesima) maturati nonché il trattamento di fine rapporto al momento della sottoscrizione del nuovo accordo
- clausole in cui si prevede che alla fine del distacco, il distaccato sarà reinserito nell’ambito dell’organizzazione della Società distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro presso la Società di appartenenza in vigore prima del distacco.
Diversamente, laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione e così via) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, l’impatriato può accedere al beneficio fiscale degli impatriati.
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