
Chi ha la passione per la cucina e vuole incrementare le proprie entrate economiche può aprire un social eating. Si tratta di far assaggiare le proprie creazioni culinarie agli amici oppure a particolari gruppi di ospiti. Questo modo, nato da pochi anni, permette di arrotondare lo stipendio, trasformando la propria casa in un ristorante. Certo, un ristorante casalingo, ma che rispetta le norme igienico-sanitarie. Naturalmente è un’attività da svolgere in aggiunta a quella primaria.
Non ci sono orari e aperture al pubblico, ma le modalità sono più alla buona. Questa proposta è nata a Londra nel 2009, ma è giunta in Italia molto dopo. Le cene sociali stanno però riscuotendo un grande successo, ecco perché per alcune occasioni si possono aprire le porte della propria casa e offrire un pasto particolare a conoscenti oppure a estranei selezionati.
Non si deve essere cuochi professionisti, ma basta saper preparare bene qualche piatto. Si propone un menù deciso da chi sta ai fornelli a prezzo fisso. Il tutto viene gestito online prendendo prenotazioni a pagamento. Si fa una proposta e si attende che la gente accetti riservando il posto, magari anche per familiari e amici, così da completare la tavolata. Per poter guadagnare è avere successo nell’impresa, bisogna appoggiarsi ai portali dedicati.
Ci sono siti che si occupano esclusivamente del social eating e permettono a chi offre la propria casa di pubblicare la notizie e a chi vuole trascorrere una serata diversa da quella passata al ristorante può scegliere tra le varie opzioni. Sarà la piattaforma a gestire i pagamenti e a creare il ponte tra chi offre e chi domanda. La rete tra chi cucina e chi mangia sfocia in un’interazione e in una conoscenza che può portare a nuove amicizie o a nuove cene.
Questa attività saltuaria si potrebbe anche trasformare in un’attività a tempo pieno, ma in questo caso è bene sapere che per guadagnare bene bisogna incrementare notevolmente l’offerta, non solo in termini di qualità, ma anche di quantità in riferimento al numero di cene sociali. Ci sono però le normative da rispettare, perché la legge regola la somministrazione del cibo e la fiscalità e si devono rispettare i requisiti.
APRIRE UN SOCIAL EATING: RICAVI E OFFERTA
Prima di iniziare l’iter burocratico per fare le cose in grande è bene sapere che in media il guadagno che si ricava da questo tipo di attività si aggira sui 1.500/2.000 euro all’anno. Quindi significa poter arrotondare lo stipendio senza dover aprire partita Iva o cambiare il proprio stile di vita. L’aspetto positivo è che a decidere il menù è chi propone la serata, ovvero il proprietario di casa. Vanno messi a disposizione tavoli per ospitare un numero di persone compreso tra 4 e 12.
All’interno della serata si propongono due o tre menù con abbinamento delle bevande. Chiaramente il prezzo varia a seconda delle portate e dei piatti offerti. La strada da seguire è certamente, come già accennato, quella di aderire a una piattaforma. In questo modo si evitano errori e soprattutto si raggiunge il pubblico interessato. Aprire un social eating significa entrare a far parte di un vero e proprio stile.
Si accettano le regole e la moda legata a questo tipo di attività. Online ci sono molti siti che permettono di operare nel settore. Si tratta di aziende italiane o straniere che permettono però l’incontro tra domanda e offerta all’interno del territorio rappresentato dagli aderenti. Ci sono già migliaia di cuochi e di eventi, ma sono ancora poche le aree coperte, quindi chi si trova fuori dalle grandi città potrebbe costituire una novità e avere un’attrattiva maggiore.
APRIRE UN SOCIAL EATING: LA PIATTAFORMA
Come funziona? Ci si iscrive attraverso un formulario da compilare online e si forniscono i propri dati. Si deve rientrare tra le caratteristiche generali del servizio. Ciò significa proporre un brunch a 10 euro oppure serate a tema per 40 euro. Nel caso la propria abitazione sia collocata in un luogo particolare, si può incrementare il ricavo. La vista sul mare, su un borgo antico oppure una bella terrazza con panorama sono certamente un valore aggiunto per aprire un social eating.
In questo caso si possono chiedere anche 120/130 euro a persona. Si tratta però di cene speciali, quindi si deve garantire location, servizio e piatti particolari. Una volta effettuata l’iscrizione e completate le formalità si inizia a pubblicare l’annuncio. Ci vogliono pochi minuti. Anche perché le notizie principali, incluse quelle sull’ambiente si inseriscono nel profilo e restano a disposizione sempre.
Basta scrivere il menù, qualche nota sul pranzo o sulla cena così da invogliare i potenziali clienti a prenotare. Attenzione, però, perché i commensali dovranno, a conclusione dell’esperienza, valutare con veri e propri voti il cuoco. Quindi sul sito ci saranno i risultati che andranno a influire sulle prenotazioni agli eventi successivi. Il giudizio è determinato dall’atmosfera, dalla cucina e dalla pulizia.
Per aprire un social eating, a parte le normative, non servono particolari requisiti se non quello di saper cucinare. Le recensioni con voto da parte dei commensali non saranno le uniche. Infatti saranno anche i cuochi a dire la loro sui clienti. Infatti i partecipanti avranno una scheda online in cui compariranno informazioni su appetito, convivialità ed educazione.
Una volta accettato l’invito, l’ospite deve provvedere al pagamento facendo un bonifico o utilizzando PayPal. Ha un diritto di recesso fino a 24 ore prima dell’evento. Rispettando questa tempistica avrà il rimborso totale. Se sopraggiungono problemi anche il cuoco può cancellare l’evento con tempi adeguati. Questo può avvenire anche per mancanza del numero minimo di partecipanti. La piattaforma scelta ha diritto a una commissione che si aggira sul 10-12%.
APRIRE UN SOCIAL EATING: LE NORME
I requisiti da possedere per aderire a questo tipo di iniziative non sono molti, ma bisogna aggiungere quelli richiesti dalla legge. Infatti ci sono degli obblighi per garantire la sicurezza dal punto di vista igienico-sanitario. Inoltre non si deve ricorrere a strumenti tipici della ristorazione, come ad esempio personale retribuito. Si tratta infatti di svolgere un’attività occasionale. In questo modo si hanno meno obblighi.
Alla fine dell’evento ai commensali deve essere rilasciata una ricevuta fiscale. Generalmente però è un onere che si assume la piattaforma a cui si è aderito. Il cuoco deve però dichiarare al Fisco le somme guadagnate nell’arco dell’anno. Aprire un social eating non vuol certo dire eludere le tasse. La procedura non è complicata, specialmente se si comunica al commercialista l’attivit svolta.
All’interno del modulo 730 per la dichiarazione dei redditi basta inserire la somma ricavata alla voce ”Redditi da prestazione occasionale”. Resta inteso che la somma totale non può superare i 5 mila euro lordi annui, perché altrimenti è d’obbligo l’apertura della partita Iva e quindi aumentano gli oneri e gli obblighi. Ecco perché va considerata con attenzione la possibilità di trasformare l’attività in un lavoro vero e proprio.
Infatti chi supera tale cifra dovrà dichiarare di aprire un social eating parificandolo a un ristorante. In questo caso si deve presentare il Certificato di Inizio Attività al Comune, iscriversi alla Camera di Commercio e conseguire la certificazione HACCP per la preparazione e somministrazione di alimenti e bevande. Si dovrà seguire il medesimo iter delle attività che fanno parte del settore della ristorazione.
Nulla vieta di fare questa scelta, ma è consigliabile prima provare e vedere l’andamento. Se si ha successo e si ricevono molte prenotazioni si può pensare a ingrandire l’attività, sia utilizzando la propria abitazione, sia individuando un altro locale. A quel punto potrebbe non essere nemmeno necessaria l’adesione alla piattaforma. Pensando però a fare marketing in autonomia.